mercoledì 6 novembre 2013

Recensione: ...And Justice for All - Metallica

Un album sicuramente enigmatico. Molto cupo, cupissimo. E arrabbiato. Tanto arrabbiato. 
Successore del perfetto "Master of Puppets", doveva reggere il confronto. E ci riesce alla grande, pur non raggiungendo la perfezione del precedente lavoro. Perchè qui c'è tanta rabbia, troppa, per renderlo incredibile. E si sa, la rabbia rende ciechi. E non dimentichiamoci, è il disco post Cliff Burton (morto in un tragico incidente stradale durante il tour di Master), uno dei maggior compositori dei precedenti 3 dischi, quindi vera colonna del gruppo. Non perdono di qualità, questo sia chiaro, ma perdono un po di atmosfera. 
Le tracce sono tutte fantastiche, una più cupa dell'altra, fino a raggiungere l'apice con Dyer's Eve, la più veloce del disco. One rimane la migliore di tutto il disco, un'atmosfera da paura, e uno dei testi più belli di sempre. Peccato per il nuovo bassista, un ragazzino conosciuto col nome di Jason Newsted (ora diventato il miglior bassista metal, secondo il sottoscritto), che è stato letteralmente isolato (il basso è quasi inesistente), creando solo immagine per quel periodo (periodo che finisce, a livello di suono del basso, con l'uscita di Load). 
Se siete incazzati neri e avete qualcosa di adrenalinico per sfogarvi, ascoltate questo disco. Vi assicuro, starete meglio dopo.
P.S. La canzone "To Live is to Die" è stata scritta creando un collage di tracce di basso non utilizzate di Cliff Burton.

Line-up:
James Hetfield - voce e chitarra
Kirk Hammett - chitarra
Jason Newsted - basso
Lars Ulrich - batteria

VOTO: 9

martedì 5 novembre 2013

Recensione: Pure Heroine - Lorde

"Lorde su un blog metal?". Esatto. Questa ragazza merita. Primo disco (dopo un  Ep), consigliatomi da mia sorella. Perchè ascoltare di tutto è una bella cosa. Ascoltare solo metal per giorni, mesi, anni, scoccia. Ogni tanto ci vuole qualcosa per staccare, e non ditemi "il metal bisogna averlo dentro" perchè è un'enorme cavolata. Noi abbiamo la musica dentro, non il metal. Fate i finti metallari solo per essere accettati da un'altra società che fa tanto l'alternativa ma è composta da persone uguali, e sto parlando del Metal. Un vero metallaro ascolta anche altro, perchè è aperto ad altro, al diverso. Scusate lo sfogo, ma questo pensiero è nella mia testa da tanto tempo. Torniamo a noi: Ella Maria Lani Yelich-O'Connor, meglio conosciuta come Lorde, esordisce a marzo di quest'anno con il suo primo Ep, "The Love Club EP", e il 30 Settembre esce "pure Heroine", primo disco. Si capisce subito il talento di Ella Maria: il disco suona diverso, ambientale, estremamente ipnotico, e la voce aiuta: recita, sempre un tono basso, non raggiunge mai toni elevati. E i testi, anche se ispirati ad artisiti pop non proprio originali, lo sono. Se volete staccarvi dall'ormai ripetitivo metal, e volete rilassarvi, questo disco fa per voi.
P.S. l'album va ascoltato quando fuori piove, altrimenti non ha la stessa atmosfera!

VOTO: 8

domenica 3 novembre 2013

Recensione: Dream Theater - Dream Theater

A soli 2 anni di distanza da "A Dramatic Turn of Events", ritornano i maestri del Progressive Metal: I Dream Theater. E lo fanno con la testa alta. 
Ormai Mangini è parte della band, e quasi non si sente la mancanza dell'ormai ex batterista Mike Portnoy. Questo è uno di quei dischi da ascoltare più e più volte per poter essere assimilato in tutte le sue più scure sfumature; prendete Metropolis pt.2 e fatelo suonare a una band grande nel senso di età: ricaverete questo capolavoro.
L'intro è tra le migliori che le mie orecchie abbiano mai ascoltato: maestosa, epica, estremamente progressiva (ma va??) e assolutamente fantastica. il disco prosegue liscio per tutta la sua durata, e tutte le sue canzoni. Così unico da non accorgersi del nome delle tracce che passano; e poi, la suite finale di ben 22 minuti, è a dir poco favolosa: un pezzo simfonico nel mezzo, un'intro spettacolare che fa letteralmente pensare la frase "the beginning of the end". E quasi mi dispiace che il disco abbia una fine, perchè ormai la band ha raggiunto un livello tale da renderli unici su tutto il panorama metal. Nel loro campo, ovviamente. Se dovessi fare una "top 5" dei dischi dei DT, sicuramente questo lo collocherei al secondo posto, appena dietro Metropolis. Se invece dovessi scegliere il miglior disco del 2013, il mio primo pensiero sarà sicuramente Dream Theater.

LIne-up:
James Labrie - voce
John Petrucci - chitarra
John Myung - basso
Mike Mangini - batteria
Jordan Rudess - tastiere

VOTO: 9.8

venerdì 4 ottobre 2013

Recensione: Reign in Blood - Slayer

Non credo che questo album abbia bisogno di presentazioni. Una delle copertine più strane che esistano, disturbante, e che simboleggia alla perfezione la musica del disco. Violento, osceno, sanguinoso, e altri aggettivi del genere che ora non mi vengono. 
L'opener "Angel of Death" è semplicemente sublime: un perfetto inizio per un disco del genere. L'album procede più o meno sulla linea della prima traccia, ma riesce in un intento: ogni canzone è diversa. Nel senso che sono tutte sulla stessa scia, niente cambi di rotta o altro, tutte uguali, ma diverse fra loro. E la chiusura, poi! "Reining Blood", la canzone più volenta dell'intero album. Introdotta da un temporale, la canzone parte con un riff spacca ossa, per poi arrivare al "solo finale" (nel booklet del disco, per Reining Blood, invece di "solos:...." c'è scritto "noises:....."). L'expanded edition del disco contiene una bonus track (Aggressive Perfector) e il remix di "Criminally Insane", purtroppo nota stonata del disco. Se volete ascoltare del thrash puro e senza compromessi, questo è il disco che fa per voi.

Line-up
Tom Araya: voce, basso
Kerry King: chitarra
Jeff Hanneman (RIP): chitarra
Dave Lombardo: batteria

VOTO: 10

mercoledì 18 settembre 2013

Recensione: 8:18 - The Devil Wears Prada

Scusatemi, ma il metalcore moderno non lo digerisco proprio. Ci ho provato tante volte, ad ascoltarlo, gli ho dato tante chance, ho ascoltanto tantissimi gruppi e album, ma niente. E questo disco non è da meno. Ho provato a farlo ascoltare a parecchie persone, ma è stato lo stesso risultato per tutti: inascoltabile. I The Devil Wears Prada sono famosi nel genere, ma non  i più bravi. Questo disco è pessimo, si allontana molto dal concetto di musica, avvicinandosi alla parola "rumore" in modo brusco: il cantato è orrendo, non è preciso, e non è uno scream, ma un grido fastidioso, per non parlare delle clean vocals, banalissime. Gli inserti elettronici non servono certo a migliorare il disco, anzi, scende ancora più di stile. La copertina, sinceramente, mi aveva intrigato, per questo motivo ho acquistato l'album. Non avevo mai ascoltato la band prima d'ora, ma almeno una cosa è certa: non li ascolterò mai più. Anzi, credo venderò anche il disco.

Line-up
Mike Hranica - voce
Jeremy DePoyster - chitarra, voce
Chris Rubey - chitarra
Andy Trick - Basso
James Baney - Tastiere, sintetizzatori
Daniel Williams - batteria

VOTO: 4

giovedì 12 settembre 2013

Recensione: Dynasties - Hail to the King

No, non è il nuovo album degli Avenged Sevenfolf. Ma qualcosa di molto meglio. Band nata solo nel 2011, Questi Hail to the King sanno il fatto loro, mischiando groove e metalcore insieme, e facendone uscire un album spacca timpani e collo, per la sua pesantezza chitarristica e per il drumming, che incita all'headbanging più sfrenato. C'è qualcosina di elettronico, ma non guasta (alla fin fine si parla di metal moderno, e qualcosa che non siano chitarre o basso, se fatto bene, ci sta). Il growl è dei migliori che le mie orecchie abbiano mai sentito, alternato a uno scream fantastico (piccola nota: lo scream ricorda molto quello del "stupid metalcore", ma è poco, quindi non rovina) e vario, e, insieme al growl, rende il disco di una brutalità assoluta e ragionata, cosa rara da trovare nei dischi moderni di questo genere. Se avete dei soldi in più, non esitate nel comprarlo!

Line-up
Kody Hale - voce
Darick Faul - chitarra
Austin Shok - chitarra
Zach McDermott - basso
Drew Creager - batteria

VOTO: 8

Recensione: Bursting into Decadence - Adrenicide

E' sempre bello farsi un giro nei negozietti di dischi. Quei negozietti dove a 5 euro vendono di tutto, dai Machine Head ai Queen. E, in questi negozietti, si trovano dischi come questo. Come suggerisce la copertina, il disco è chiaramente thrash-crossover, alla maniera dei Municipal Waste, ma non stessa qualità. Si dice che l'underground sia il migliore in questi giorni in cui i gruppi si vendono più di Justin Bieber. Non è il caso degli Adrenicide, che con il loro "Bursting into Decadence" provano quanto a volte è meglio rivedere i propri album prima di rilasciarli. 
L'album è spento, i riff sono ripetitivi ma non energici, e nemmeno cupi; danno semplicemente fastidio. Il cantanto è debole, potevano fare di meglio; le backing vocals? Meglio senza. Spente più del cantato principale. Nel complesso, mi pento di averlo comprato. Se sapevo, avrei comprato "The Blackening"....

Line-up
Nuno Evaristo - voce, chitarra
Neil Armstrong - basso, backing vocals
Stefan Cabanus - batteria

VOTO: 5  

martedì 10 settembre 2013

Recensione: 13 - Black Sabbath

In quanti aspettavano questo album? Tanti, come immagino. I Black Sabbath, gli inventori dell'heavy music, tornano con "13", e con il Prince of Darkness dietro il microfono, che come al solito rende il tutto doomeggiante. Questo disco, alla sua release, divise letteralmente la critica in 2: chi lo elogiava, e chi lo buttava giù. Io sono con i primi; insomma, sono i Sabbath! Senza loro oggi non avremmo Metallica, Pantera, e tante altre band! Un po' di rispetto! Tornando a noi, l'album è molto vecchio stile sabbathiano, è doom e non epico come il periodo Dio (R.I.P,); Iommi è sempre un grande alla sua SG, con dei riff che riescono ancora a essere distortissimi. Complimenti al nuovo entrato, il batterista Brad Wilk, dietro le pelli nei Rage against the machine. E ovviemnte, il miglior lavoro lo svolge il bassista Geezer Butler, un ritmo incredibile, sembra quasi un metronomo! Quindi, alla fine, l'album è proprio come me lo aspettavo: Black Sabbath 100%. Solo una cosa rovina il tutto: Zeitgeist è un copia e incolla della favolosa "Planet Caravan" dell'indimenticabile "paranoid". Peccato. Chiudo questa recensione con un pensiero: "IS this the beginning of the end?"

Line-up
Ozzy Osbourne - voce
Tony Iommi - chitarra
Geezer Butler - basso
Guest: Brad Wilk - batteria

VOTO: 8,5

Recensione: Unto the Locust - Machine Head

I Machine Head. Quartetto americano nato nel 1995, e subito salita nell'olimpo del groove e dell'heavy in generale. Loro 4 sono la fenice: nati in maniera grandiosa - morti durante il loro periodo nu metal - e resuscitati dalle loro stesse ceneri con "Through the ashes of empire", album che li riporta ai loro inizi ma con qualcosa di nuovo, qualcosa che si evolve con l'andare degli anni; questa "cosa nuova" si trasforma in rabbia con l'uscita di "The Blackening", album ritenuto ancora oggi come il migliore dei MH. Ma si cresce, si matura, e si scopre che la rabbia è un qualcosa da lasciarsi alle spalle; ora entra l'odio nelle loro canzoni, l'odio verso un mondo sempre più in rovina e odio verso chi lo sta rovinando. Questo disco mi fu regalato un natale di anni fa (erano passati un paio di mesi dalla sua uscita) e subito ne fui rapito; è un album nervoso, cupo, a volte triste e malinconico. E disperato. Estremamente disperato.Come nella conclusiva "Who We Are", nella parte finale della canzone, la disperazione è talmente alta che mi scappò una lacrima la prima volta che la ascoltai. Un disco che conferma quanto avere moglie e bambini che ti aspettano a casa possa farti crescere musicalmente. In meglio.

Line-up
Robb Flynn - voce, chitarre, chitarre acustiche
Phil Demmel - chitarre, backing vocals
Adam Duce - basso, backing vocals
Dave McClain - batteria

VOTO: 9,5

sabato 7 settembre 2013

Recensione: Feast - Annihilator

Ho aspettato tanto questo giorno, lo ammetto. Jeff Waters è il mio chitarrista preferito (tra quelli in vita) e i suoi Annihilator mi hanno sempre soddisfatto. Come sapete, ho già un suo album (leggi la recensione qui) e questo Feast è stato un colpo al cuore, ma a livello emotivo: insomma, Jeff ha messo da parte (giusto un po) la tecnica per regalarci delle emozioni che solo il buon thrash anni 80 dava. Perchè anche se ho solo 18 anni, conosco ogni singola band del thrash d'oro. E in questo cd il thrash è proprio quello. La produzione è spettacolare, le note sono ben nitide e ovviamente suonate alla perfezione. Dave Pudden è un grande nel riuscire a cantare e suonare allo stesso livello di Waters (un  nuovo Hetfield?) ed è migliorato ancor di più, ma questa volta sembra incazzato, come voler dire "mi avete criticato? e ora beccatevi questo!". Ripeto: ho atteso molto questo album, e, come sospettavo, non mi ha deluso. Per niente. Spero tanto il gruppo rimanga questo qui, ogni strumentista è fantastico, e l'insieme è unico. Da avere assolutamente.

Line-up 
David Padden - voce
Jeff Waters - chitarra, basso, backing vocals
Mike Harshaw - Batteria

VOTO: 9.5

martedì 3 settembre 2013

Recensione: Labyrinth - Fleshgod Apocalypse

2° capitolo su questo blog per il metal nostrano. Il ritorno dei Fleshgod Apocalypse. Dopo il fantastico e mastodontico Agony (la recensione qui) si fanno ritrovare con questo Agony. Rilasciato in edizione limitata digi solo per le prime copie, è il 3° album in studio dei Fleshgod, nonchè il migliore: più vario e maturo rispetto ai precedenti. Sempre dannatamente mastodontico e sinfonico, ma più maturo. Niente intro come canzone singola, ma già comincia con orchestra e subito dopo l'assedio death, tutto nella prima traccia. L'album vola che è un piacere, fila liscio come l'olio, ma è molto difficile da comprendere al primo ascolto: ho dovuto ascoltarlo 4 volte per poter ricordare bene qualcosa! L'orchestra in questo disco è più imponente, rende il tutto molto più cinematografico, e l'aggiunta di una soprano lo rende più epico. Se state cercando  una colonna sonora epica e death metal, avete trovato il cd giusto.

Line-up
Tommaso Riccardi - voce, chitarra 
Cristiano Trionfera - chitarra, voce
Paolo Rossi - basso, voce
Francesco Paoli - batteria
Francesco Ferrini . piano

VOTO: 9,5

martedì 27 agosto 2013

Recensione: Poetry for the Poisoned - Kamelot

Ah, i Kamelot. Una delle band che mi ha tenuto la mano nella scoperta dei miei attuali gusti musicali. Soprattutto questo album. Se state cercando della musica diversa, e fatta per passione, dovete comprarlo. E' un disco cupissimo, inclassificabile: le chitarre sono bassissime, in modo da far risaltare tutti gli strumenti, e, soprattutto, la voce del frontman, Khan. Non un cantate, ma un attore. La sua interpretazione di ogni singola lettera, parola, frase e canzone è impeccabile, e dà forma alla musica, rendendola molto cinematografica. E non dimentichiamoci i guest dell'album, i migliori che la band potesse mai ospitare: parliamo del "growler" Speed dei Soilwork, Gus G (sapete tutti chi è), il grandissimo John Oliva e la sempre spettacolare Simone Simons (che canta in ben 3 canzoni), che danno varietà al disco rendendolo una vera e propria opera. Un disco che ai suoi tempi (2010) spaccò in due le critiche, e quindi, secondo il mio parere, lo rende "perfetto". Una cosa sola lo ha fatto salire di livello ancora di più: la terza traccia, "zodiac" riprende per filo e per segno una lettera del famoso "Killer dello zodiaco", serial killer che terrorizzò l'america negli anni 70. Ora su Amazon questo disco lo trovate anche a 4 euro!

Line-up: Khan - voce
             Thomas Youngblood - chitarra
             Sean Tibbets - basso
             Oliver Palotai - tastiera
             Casey Grillo - batteria

VOTO: 9,5

lunedì 26 agosto 2013

Recensione: Agony - Fleshgod Apocalypse


E rieccoci qui. Un'altra recensione. Questa volta, e per la prima, mi muovo sul suolo italiano, la nostra "amata" patria. Di recente ho scoperto questa compagine italiana, e devo ammettere che un po' (ma giusto poco) è risalito in me l'amore per la patria. Parlo ovviamente della band qui a destra, i Fleshgod Apocalypse! Sono abbonato (anche) alla rivista Blast!, rivista trimestrale che riassume il catalogo dell'impero Nuclear Blast, e su un numero recente notai questo artwork. Rapido approfondimento e subito scopro del loro essere italiani, e subito penso "ah, allora non esistono solo Rhapsody e Lacuna Coil!". Cerco subito qualcosa su Youtube, ed ecco che scatta la scintilla: amore a primo ascolto. Riesco finalmente ad acquistarlo, e lo ascolto il prima possibile. Inutile fare un track by track, perchè l'album è un tutt'uno, alla maniera di Metropolis dei Dream Theater. La cosa che li rende speciali è che sono "diversi", sono stati i primi (correggetemi se sbaglio) nell'unire il death metal più veloce e brutale a una vera orchestra! La musica proposta è velocissima, quasi black metal, ma con dei cambi di tempo che la rendono death puro. L'intro è un qualcosa di spettacolare, tutta affidata all'orchestra, che subito non lascia spazio, anzi, accompagna il gruppo nella loro missione: devastare i timpani dell'ascoltatore e l'ambiente circostante.Insomma, se avete una quindicina di euri, non esitate a acquistare questa opera. Non ve ne pentirete.

Line-up: Tommaso Riccardi - voce, chitarra
              Cristiano Trionfera - chitarra, voce
              Paolo Rossi - basso, voce
              Francesco Paoli - batteria, chitarra, voce
              Francesco Ferrini - piano

VOTO: 9

domenica 11 agosto 2013

Recensione: Epicloud - Devin Townsend Project

Ok, rieccomi qui. E ritorno con uno dei dischi più "epici" del 2012: Epicloud, musica scaturita dalla geniale follia di Devin Townsend, musicista noto per aver cantato con Steve Vai e per i suoi Strapping Young Lad. Ho sempre avuto un dubbio: si legge "Epic-cloud" o "Epic-loud"? Perchè sinceramente la seconda calza a pennello! Estremamente epico, mastodontico, titanico, da allegria pura e headbanging da torcicollo. Poi il coro gospel aiuta alla grande, rendendo l'album celestiale, veramente epico, come dice il titolo stesso. Niente assoli, niente virtuosismi e altro: qui la musica è fatta per creare un'atmosfera, non per vedere chi è il più bravo!
Una genialata unica l'intro "Effervescent!" interamente cantata dal sopra citato coro gospel, che apre un disco varissimo, con tantissime influenze e tantissimi generi (si passa dall'industrial puro all'ambient, al pop, per poi arrivare a un genere non molto preciso). In chiusura ritroviamo il coro gospel da solo che riprende l'apertura ma con un tono più basso, come triste.
Questo disco è un continuo party, ma ci sono anche dei balli lenti e dei momenti di riflessione.
Da sottolineare la fantastica interpretazione di Anneke Van Giersbergen presente in tutte le tracce.
Da ascoltare assolutamente.

Line-up: Devin  Townsend - voce, chitarre e tastiere
              Anneke Van Giersbergen  - voce
              Dave Young - chitarre e tastiere
              Brian Waddell - basso
              Ryan van Poederooyen - batteria

VOTO: 9

giovedì 1 agosto 2013

Recensione: Halo of Blood - Children of Bodom

Dopo poco più di 2 anni tornano, stronger than ever, i finnici Children of Bodom, band vicina al melodic death, ma difficile da catalogare. Quello che questo "Halo of Blood" ci dimostra una band molto più matura in confronto ai loro vecchi album, un songwriting più serio più cupo, e più vario. SI passa facilmente dal black metal della titletrack alla semi-ballad che mi ha ricordato molto gli In Flames di "Clayman", passando per una "Transference" (primo singolo rilasciato dalla compagine) difficilmente catalogabile in un genere. Alexi Laiho (cantante e chitarrista) è maturato, sia vocalmente che strumentalmente, con uno scream migliore e più cupo, e delle clean vocals in un paio di canzoni. E' certamente un album più vario e più maturo, ma in pieno stile Bodom.
P.S.  vi consiglio vivamente l'acquisto della versione digi dell'album, perchè le 2 bonus track sono davvero due perle, assolutamente fantastiche e spensierate!

Line-up: Alexi Laiho - voce e chitarra
             Roope Latvala - chitarra
             Henkka T. Blacksmith - basso
             Janne Warman - tastiera
             Jaska W. Raatikainen - batteria

VOTO: 8


giovedì 25 luglio 2013

Recensione - Non Aprite Quella Porta

The Texas Chainsaw Massacre, conosciuto in italia come "Non Aprite Quella Porta", è uno dei miglior film horror mai esistiti: angosciante, folle, ricco di messaggi subliminali e morali. La versione del '74, l'originale, è la migliore secondo me: il remake non rende bene l'atmosfera della vecchia pellicola. La trama è classicamente horror: 2 coppie vanno a visitare una vecchia casa, una delle due si separa, e succede il macello, nel vero senso della parola. Leatherface rimarrà uno dei miei "cattivi" preferiti, perchè non è solo cattivo, ma ha un'anima, ha una immagine forte, ed è molto umano. Vi renderete conto voi stessi di quanto Faccia di Cuoio è il personaggio più "normale" dell'intero film. E per finire, dico una cosa: la mia passione per i serial killer mi ha portato a una conclusione: questa storia è ispiratissima da Ed Gein, uno dei più brutali serial killer americani, difatti questo Gein usava delle maschere fatte con la pelle delle sue vittime e depredò un cimitero per usare varie parti dei cadaveri come oggetti d'arredamento. Insomma, un film insano tratto da una persona altrettanto malata. Da vedere assolutamente.

VOTO: 9

mercoledì 24 luglio 2013

Recensione: Silent Hill 2 OST - Akira Yamaoka

Avete mai provato paura o angoscia ascoltando della musica? No? Bene, adesso avete l'occasione per provarci. 
Silent Hill: Un marchio ormai divenuto famoso, tantissimi videogiochi, 2 film, grafic novels, tantissime altre cavolate... Una saga iniziata col piede giusto (giustissimo, uno degli horror videolugici più forte che abbia mai giocato) e che, nel mettersi al passo coi tempi, si sta perdendo nella banalità e nella poca atmosfera. Questa OST viene dal secondo capitolo videoludico, il migliore secondo chi scrive. Un gioco che emoziona, tantissimo, e angoscia ancor di più. La colonna raddoppia quello che ho appena detto. Composta interamente da Akira Yamaoka, ragazzo metallarissimo con una forte passione per la musica in generale, sforna della musica varissima e angosciante, rilassante, movimentata, paurosa...
Passa dal rock classico al metal, ma roba di due o 3 canzoni: il resto è basato su altri strumenti, che incutono paura in una maniera incredibile. Il ritmo è ossessivo, si ripete sempre cambiando le tonalità (sempre cupissime). Quei piccoli raggi di sole durano 2-3 minuti, ma vengono subito coperti da dei nuvoloni neri da 5-6  minuti. Potete ascoltarla anche senza aver giocato al videogame, ma se lo fate dopo l'esperienza al pc o alla consolle, questa musica vi entrerà nel cuore. E vi angoscerà.

P.S.: vi allego il link del download, la copia fisica è "inesistente"!
http://www.4shared.com/rar/34N_yRr-/Silent_Hill_Complete_-_Silent_.html

LIne-up: Akira Yamaoka - tutti gli strumenti

VOTO: 10 

sabato 20 luglio 2013

Recensione: Walk Through Exits Only - Philip H. Anselmo & The Illegals

Phil Anselmo. Carismatico idolo di molti metallari e sogno erotico di molte "metal chicks". Frontman dei Pantera, Down, Superjoint ritual, e chitarrista per Arson Anthem e un'infinità di altri gruppi. Ora ritorna sulle scene con un suo disco, interamente scritto da lui, e prodotto a 4 mani (Phil stesso e Michael Thompson), in cui chiama dei compagni da band quasi sconociute, o non molto famosi (Warbeast e Marzi) chiamati "The Illegals". L'album è il più estremo che le mie orecchie abbiano mai sentito. Ora voi direte: e il brutal death, il grindcore e altri? Canzoni di Justin Bieber in confronto. Il disco è estremo in modo ragionato; non è violento o altro, ma incazzato, come si può dedurre dai testi: infatti le liriche sono come un'offesa a se stesso e alla sua musica ("... this is not music..." "... I am a ridicolous man...") e sono estremamente diretti, senza messaggi nascosti o altro (come ha dichiarato lui stesso i varie interviste). Strumentalmente fa male alle orecchie: chitarre velocissime e molto potenti, batteria che passa dal thrash, al black, al death, e così via. Come genere è inclassificabile: unisce tutto, anche l'ambient. Insomma, i fan hanno dovuto aspettare 2 anni per questo album, ma vale la pena spendere questi (pochissimi) soldi. Da avere assolutamente, indipendentemente da chi siate, fan o meno. Su Amazon lo trovate a 9 euro!
Welcome back Phil!

Lie-up: Phil Anselmo - voce
            Marzi Montazeri - chitarra
            Bennett Bartley - basso
            Jose Manuel Gonzales - batteria

VOTO: 9.5

sabato 13 luglio 2013

MESSAGE FOR NON-ITALIAN FOLLOWERS

I've seen, through the control panel of this blog, that I have some followers outside Italy. So, as I write reviews only in italian (it's easier for me) I've added a translation button in the bottom-left side of the review page. Just select your language and enjoy the review!

Recensione: Ordo ad Chao - Mayhem

Ordo ad Chao, che tradotto nella nostra lingua significa "ordine dal caos": ed è proprio quello che si trova in questo album; un "caos" scaturito dalla ferocia dei vari strumenti, ma messi incredibilmete in ""ordine" dalla voce del frontman Attila, che riesce a rendere l'album perfetto come colonna sonora di un film horror. Cupo, velocissimo, pesante, prodotto pochissimo e masterizzato alla stessa maniera, il black metal nella sua essenza più pura. Con una differenza: niente scream. La tradizione impone questo, delle urla spaventose, ma a quanto pare Attila non è molto attaccato a queste tradizioni; per chi segue i Mayhem dall'inizio (o per chi ha ascoltato almeno il loro primo disco, "De Mysteriis Dom Sathanas",) non è nuovo allo stile canoro del vocalist: recitazione, con qualcosa in growl e sparso qui e lì uno scream non rauco, ma delle vere e proprie urla, ed è proprio per questo suo modo di cantare che l'album incute una depressione senza pari. Molti estimatori del "true black metal" potrebbero storcere il naso, ma rendiamoci conto di una cosa: nella scena black ormai i gruppi sono tutti uguali, o si distinguono perchè mettono delle orchestre o altro: ma saper distinguersi dal black puro suonando black puro, è roba da pochi. O solo da Mayhem.

Line-up: Attila Csihar - voce
             Blasphemer - chitarra, basso
             Hellhammer - batteria

VOTO:  8,5

domenica 30 giugno 2013

Recensione: The Great Southern Trendkill - Pantera

Chi non conosce i Pantera? Insomma, una delle band più famose del panorama Heavy Metal, non chè una delle più problematiche band; Phil Anselmo morto per 5 minuti prima di un concerto, poi il suo abbandono, lo scioglimento e la morte del chitarrista, e dopo aver rilasciato appena 5 cd (nel periodo Anselmo). Perchè, per chi è un grande fan, sa esattamente che gli album dei pantera sono 9, solo che i primi 4 furono, per così dire, "cancellati" dalla band stessa.
Secondo tutti, il loro miglior disco è "Vulgar Display of Power". Ma non per me. Sì, è un bel disco, ma non il più bello. Opterei più per il penultimo "The Great Southern Trendkill"; non è solo energia; anzi, energia qui non c'è, c'è solo violenza e emozione, con un Phil più indemoniato, un Dime sempre più tecnico e più lento, ma migliore e la sezione ritmica mozzafiato; l'urlo iniziale mi ha fatto letteralmente togliere la cuffia, con conseguente fischio d'orecchie; ma se dovessi scegliere il meglio dell'album, o se dovessi consigliare i una canzone a chi i Pantera non li conosce ancora, gli suggerirei 2 canzoni: "suicide note pt. 1 & 2"; le canzoni che riassumono al meglio la band; la prima parte calmissima, quasi ambient, con una chitarra non distorta, le tastiere e la voce di Phil rendono tutto sulfureo, rilassante; ma ecco che subentra la parte 2, la più brutale e violenta canzone dei Pantera; chitarre sparate a mille. batteria frenetica, e uno scream pauroso, quasi da rottura delle corde vocali. Liricamente l'album è migliore; i brani (quasi tutti) parlano di problemi legati a droga e alcool, problemi che Anselmo stava attraversando in quel periodo. E poi, non dimentichiamoci di Floods; lì dentro c'è il miglior solo di Dime. Assolutamente da avere, sia per fan che non.

Line-up: Phil Anselmo - voce
             Dimebag Darrell - chitarre
             Rex Brown - basso
             Vinnie Paul - batteria

VOTO: 9.5

sabato 29 giugno 2013

Recensione: The Island Chainsaw Massacre - Salmo

Maurizio Pisciottu, ragazzo sardo (Olbia, esattamente), classe 84, è un rapper italiano di quelli tosti. Musicalmente attivo da quando aveva 13 anni (a quell'età cominciò a scrivere i suoi primi testi) si fa notare prima con un gruppo rap metal, gli Skasico, con cui pubblica 3 album, e poi con i To Ed Gein, band hardcore punk con cui pubblica 2 album. Nel 2011 finalmente riesce a pubblicare il suo primo album solista (dopo 2 demo) sotto il nome di Salmo.
Trasferitosi a Milano, pubblica "The Island Chainsaw Massacre"; 17 tracce di puro rap hardcore vecchia scuola, tracce classiche ma bellissime, che odorano di antico, ma suonando moderne. I testi variano dall'anti religione (direttissimo il testo di "Un dio personale") alla critica alla televisione ("Morte in diretta", "Nella pancia dello squalo"), dall'auto celebrazione (cosa che sinceramente non sopporto) alla critica al rap stesso. Salmo è un metallaro; o meglio, lo spirito ribelle non è quello di un rapper, ma quello di un metalhead, lui è incazzato, ha sempre questa voce rauca, che ricorda un poco Mr. Kaos One, e adoro le parti punk di "Nella pancia dello squalo" e il metal di "Street Drive-In" (Salmo, se stai leggendo questa review, non suonare più il remix nei live, ma quella originale: il wall of death sarà migliore). La copertina chiude questo cd, perfetto nel suo genere, e ti devo un favore: mi hai fatto riaccendere l'amore per questo genere, tanto uguale ma diverso dal metal.

VOTO: 9

Recensione: Metropolis Pt. 2: Scenes from a Memory - Dream Theater

Il miglior concept album che possa esistere. Un concept fatto di amore, allegria, rabbia, tristezza, e chi più ne ha più ne metta. E anche il miglio album prog metal che mai ascolteremo. Vi risparmio il track by track per un solo motivo: quest'opera va ascoltata tutta d'un fiato, senza interruzioni e senza mai perdere la concentrazione. Se non volete togliervi la sorpresa sugli argomenti dell'album, saltate il paragrafo che segue.

L'album comincia con un uomo che parla, e subito dopo James comincia la sua recitazione. Sta facendo una sessione di ipnosi per poter trovare una spiegazione ai suoi sogni. Appena cominciano le "visioni", viene trasportato in una casa, in cui, al piano superiore, vede una ragazza allo specchio. Ritorna in se', e di notte, tormentato dai sogni, decide di visitare la casa che vede nei suoi sogni. Lì trova un uomo anziano e solo, che gli dice che in quella casa fu commesso un omicidio-suicidio; un testimone sentì degli spari e, accorrendo sul luogo, trovò una ragazza morta per terra, e un uomo in piedi vicino al corpo della ragazza (Victoria). Il testimone decide di aiutarlo, ma lui si spara. Il protagonista (Nicholas) decide allora di andare a trovare la bara della giovane; qui ci saranno riflessioni sulla vita che mi hanno letteralmente portato alle lacrime. Solo che qui cominciano i colpi di scena; durante un'altra sessione di ipnosi, Nicholas scopre che la ragazza, Victoria, era innamorata del fratello del suo attuale marito, il quale beveva e giocava d'azzardo (c'è un pezzo che potrebbe sembrare confuso, ma se vi concentrate, sentirete in una cuffia delle slot machine, e nell'altra dei gemiti). E adesso comincia il bello: Il protagonista scopre che in realtà ad aver ucciso Victoria fu il suo amante, perchè lei nel frattempo riscopre l'amore per suo marito, il quale aveva promesso di smettere di bere e giocare; in un attacco di gelosia, il fratello spara sia alla ragazza che al marito, mettendo la pistola nella sua mano e una lettera in tasca. Nicholas si risveglia, ed è finalmente allegro nell'aver scoperto la verità e aver placato quei suoi sogni. Quindi Nicholas è la reincarnazione di Victoria. Ultimo colpo di scena: Lui torna a casa, accende la TV, mette su un disco, e si rilassa; ma si sente subito un "Open your eyes, Nicholas" e un urlo. La band dichiarò che l'ipnoterapeuta è la reincarnazione del fratello del marito di Victoria, e quindi uccide Victoria nella sua reincarnazione in modo tale da cancellarla per sempre.

Bene, adesso torno a parlare per tutti; l'album è strumentalmente perfetto, tecnicalmentte sublime, con Petrucci sempre ineguagliabile, Labrie bravissimo, recita alla grande, e canta le parti di tutti i personaggi del concept. Insomma, un altro album che si merita un bel 10.

Line-up: James LaBrie - voce
              John Petrucci - chitarre
              John Myung - basso
              Jordan Rudess - tastiere
              Mike Portnoy - batteria

VOTO: 10

mercoledì 26 giugno 2013

Recensione - Dahmer

Ok. Jeffrey Dahmer; serial killer molto famoso e molto crudele, 15 vittime in totale, e fra i metodi troviamo: soffocamento, cannibalismo, necrofilia, smembramento, e conservamento di parte dei cadaveri e dei cadaveri interi. Condannato a 15 ergastoli, per un totale di 937 anni di reclusione; purtroppo ne ha scontati solo 2, perchè fu ucciso da un suo compagno di cella che soffriva di schizofrenia.
Vi giuro: la storia mi interessava, e parecchio, ma dopo aver visto il film, ho pensato "perchè l'ho visto?". E non perchè sia visivamente forte o altro, ma perchè è un film pessimo, senza senso, molto confuso, troppo, e che ti lascia con il classico "...e quindi??". L'attore che interpreta Jeff è spettacolare, è riuscito a immedesimarsi benissimo nella parte, e forse solo la sua recitazione crea un po di atmosfera. Mi fermo qui con un'ultimo pensiero: perchè rendere umano una bestia che ha combinato quel macello? Insomma, caro regista, Dahmer è da odiare, non da amare.

VOTO: 5

lunedì 24 giugno 2013

Recensione - Frankenweenie

Chi non conosce Tim Burton? Un genio. Un folle. O entrambe le cose. Fatto sta che il film alla vostra sinistra mi ha fatto piangere.
La classica storia d'amore perfetta: un ragazzo e il suo cane. Ma qui rivisitata alla sua maniera; Victor (il cui cognome è Frankenstein) è inseparabilmente legato al suo cane, Sparky; ma quando un giorno Victor sta giocando a baseball, per sbaglio lancia la palla fuori dal campo; Sparky la vede, la rincorre e la prende, però durante il ritorno al campo da gioco, il piccolo viene investito da un'auto (prima lacrima). Victor rimane sconvolto da quanto accaduto, fino a quando, a scuola, il professore di scienze mostra ai ragazzi come è possibile far tornare in vita una rana attraverso l'elettricità. Da lì l'idea balena negli occhi del ragazzo: di notte corre a disotterrare il piccolo cane, e arrivato a casa parte con il suo esperimento (vi ricorda qualcosa?). E da qui poi si sviluppa tutto il film. 
Completamente realizzato in stop-motion, come ormai noto per i film di Burton, la pellicola è bellissima, davvero ben fatta e con tantissimi riferimenti, con una trama originale ma presa da vari film,e con delle espressioni facciali che sembrano quasi fatte al computer (e vi assicuro, non lo sono). Davvero un bel film, ma non il massimo di Tim Burton. Per una sola ragione; il film è distribuito dalla Disney.

VOTO: 9  

Recensione - Zodiac

Zodiac. Piccola introduzione per chi non lo conosce;
Zodiac è un serial killer degli anni 60-70, che terrorizzò San Francisco e dintorni tra il '69 e il '71. In questi 3 anni sono state accertate ben sette vittime. Divenuto famoso per la sua identità ancora sconosciuta, e per mandare lettere a giornali e polizia appena commesso l'omicidio, dando dettagli che solo la polizia conosceva.
Detto questo, andiamo al film.
Datato 2007, diretto da David Fincher, Zodiac è ispirato direttamente dai libri di Robert Graysmith, vignettista del San Francisco Chronicle, che si cimenta nella risoluzione del caso.
Il film si apre con una giovane coppia che, in auto, si appartano in un parcheggio per fare due chiacchiere; ma lì vengono avvicinati da una misteriosa auto. Lo sportello si apre, e ne esce un uomo con una torcia. I ragazzi, pensando fosse un agente, preparano i documenti, ma quando il ragazzo abbassa il finestrino, viene raggiunto da 2 colpi di pistola, mentre la ragazza da ben 5.
Settimane dopo, troviamo Robert Graysmith (Jake Gyllenhaal), alle prese con i preparativi scolastici del figlio. Va a lavoro (il Chronicle) ma lì la redazione riceve la prima lettera del maniaco, questa volta non firmata e anonima, con uno strano codice alla fine, dicendo che se avessero decifrato quel codice, avrebbero saputo la sua identità. Finisco qui, perchè da adesso il film comincia sul serio, e ogni cosa che succede è importante fino all'ultimo secondo. Un film lungo 2 ore e 38 minuti, ma non è "pesante", anzi, il film scorre che è un piacere. Niente scene d'azione, o altro: solo dialoghi, dall'inizio alla fine, e le scene degli assassinii del killer. Un film adatto a chi già conosce la storia, o per chi è curioso. La regia è fantastica, delle inquadrature davvero carine, e la recitazione è fantastica (un Robert Downey Jr. bravissimo come sempre).
P.S. Zodiac ha inviato altri codici come il primo, ma ancora oggi nessuno è riuscito a decifrarli.

VOTO: 8

giovedì 20 giugno 2013

Recensione: Requiem for the Indifferent - Epica

Dicembre 2012. Leggo su un sito di news "Epica: suonano live una nuova canzone". Mi prende un infarto (essendo un grandissimo fan della band) e ascolto subito la canzone. Brividi lungo la schiena. Passano dei mesi, e la tanto agognata release date arriva: 9 marzo 2012. Ordino subito l'album (in uno stupendo digipack) e dopo due settimane arriva. Mi chiudo nella "stanza degli ascolti" (il mio salone, con un grandissimo impianto stereo) e lo ascolto.

1. Karma (Prelude)
L'intro. Già da questa traccia, capisco che l'album non sarà maestoso come "design your Universe", ma più "intimo", e infatti avevo ragione.

2. Monopoly on Truth
La prima vera canzone. Un riff death, dei cori spettacolari, e una Simone Simons spettacolare, come sempre. Mark ha finalmente migliorato il suo growl!

3. Storm the Sorrow
Il singolo estratto dall'album. Canzone fantastica, ma che non rappresenta l'intero album. La più facile da ascoltare e da memorizzare.

4. Delirium
Prima e unica ballata dell'album. Strappalacrime, ma non supera la meravigliosa "Tides of Time" della precedente fatica. Peccato per Simone che stona una nota bassa.

5. Internal Warfare
La prova che gli Epica hanno abbandonato Gothic e Power, e adesso sono un gruppo Progressive Death. Una delle più veloci e violente dell'album, con l'unico solo di tastiera (in un duetto con la chitarra) dell'intera discografia.

6. Requiem for the Indifferent
La Tracklist, come sempre, è una delle più lunghe del disco, e ovviamente una delle più belle; un inizio arabeggiante, che getta le basi per una delle canzoni più difficili della compagine olandese. Geniale il ritornello cantato da cori femminili che duettano con quelli maschili.

7. Anima (Interlude)
Pezzo strumentale (solo pianoforte) che divide in 2 parti l'album, cosa ormai di casa negli Epica.

8. Guilty Demeanor
Il pezzo più cupo del gruppo. Sembra quasi Doom. Interamente cantata da Simone, a parte un piccolissimo verso "growlato" da Mark. Fantastica

9. Deep Water Horizon
Prima semi-ballata del disco. 6:33 minuti di puro cinema, proprio così: questa canzone sembra scritta proprio per un film.

10. Stay the Course
Seconda canzone estrema dell'album, che conferma quanto detto per la traccia n° 5. Divertente il duetto fra i 2 cantanti, con Mark che irrompe con un suo growl furioso su una Simone zuccherosa.

11. Avalanche
Ultima semi-ballata dell'album, non chè penultima traccia dell'album. Intro atmosferico e 6:52 minuti di Epica.

12. Serenade of Self-Destruction
L'ultima traccia. La migliore. La più bella. La più poetica. La canzone che non vi farà pentire dei soldi spesi (o dei mega, dipende...). Un ritornello che ricorda tantissimo i Dream Theater di Awake, e canzone che io definisco come i titoli di coda dell'album, perchè contenente tutto quello ascoltato durante l'album. Insomma, un'ottima conclusione.

il disco è complicato, da ascoltare più di 3 volte, perchè sicuramente la prima vi lascerà "indifferenti", la seconda volta comincerà a dirvi qualcosa, ma dalla terza in poi ve ne innamorerete.
Il disco più intimo degli Orange, prova che sono cresciuti in quanto a songwriting. Per i fan degli Epica, ovviamente, e per chi cerca qualcosa da ascoltare da fermi. Non è per fare baldoria

P.S. il voto è quello perchè secondo il sottoscritto la band non ha ancora dato il meglio di sè, quindi il 10 sarà per quando arriverà quel disco.

Line-up: Simone Simons - voce
             Mark Jansen - chitarre, growl, scream
             Isaac Delahaye - chitarre
             Yves Huts - basso
             Coen Janssen - tastiere
             Arjen Van Weesenbeek - batteria, growl

VOTO: 9.5 

Recensione: Down IV - The Purple EP - Down

Secondo E.P. della giornata. 6 tracce di puro fango. Esatto avete letto bene. I Down, il gruppo sludge del  Dio Phil Anselmo, giunge al suo 4° album; Arrivati di fronte alla decisione di un album o di 4 E.P., decidono di pubblicare una serie di 4 E.P., uno all'anno. Il primo, "Down IV, The Purple E.P" è il primo della serie, e ci regala dei Down in forma, energici ma non troppo, abbastanza appiccicosi, e molto, molto uniti. La cosa bella è che, se ascoltato con delle cuffie, sentirete nella cuffia destra una chitarra, e nella sinistra l'altra, una cosa che fa capire quanto il suono sia reale e poco "truccato"; Phil è notevolmente "debole", ma questa debolezza rende il disco Doom, molto pesante e molto, come ho detto prima, fangoso. Il basso è altissimo (scusate il gioco di parole), è quasi pari agli altri strumenti, ed è una cosa che trovo semplicemente fantastica. Ora si aspetta il prossimo E.P. (che, secondo quanto dichiarato dallo stesso Phil in un'intervista rilasciata a Metal Hammer italia, sarà completamente acustico, ma sempre Down), che dovrebbe essere rilasciato quest'anno. Per fan del Doom, dello Sludge e del grande Phil Anselmo.

Line-up: Phil Anselmo - voce
             Pepper Keenan - chitarra
             Kirk Windstein - chitarra
             Patrick Bruders - basso
             Jimmy Bower - batteria
             Big Ross . tastiere

VOTO: 8

Recensione: Metal - Newsted

E rieccomi qui. Dopo 3 giorni, sono tornato. E con una piccola perla, gentilmente regalatami da mio fratello. Per chi non lo sapesse: questa alla vostra sinistra è la copertina di Metal, primo E.P. del famigerato Jason Newsted, ex bassista dei Metallica (da "...And Justice for All" a "Reload"), ex bassista del Prince of Darkness Ozzy Osbourne, e bassista in numerosi progetti (tra cui un disco in un gruppo con Devin Townsend...), ora si da alla carriera solista, prima con questo E.P. da 4 tracce, e presto con un intero album. E qui canta anche, rivelandosi una sorpresa. Soldierhead è il singolo estratto dall'E.P., e ottimo riassunto delle seguenti 3 tracce. Un disco Heavy Metal puro, senza contaminazioni e senza sperimentazioni, perfetto per un headbanging dalla prima all'ultima nota. Insomma, non ci resta che aspettare il full length (che dal singolo rilasciato promette davvero bene), e alzare le corna durante l'ascolto dell'album, perchè è di questo che si tratta: Heavy Metal. Un disco che mi ha fatto riaccendere la passione per il genere, visto gli ultimi avvenimenti successi (Slayer - casini economici.... vi dice niente??). Welcome back, Jason!!

Line-up: Jason Newsted - voce, basso
Jessie Farnsworth - chitarra, voce
Mike Mushok - chitarra
Jesus Mendez Jr. - batteria

VOTO: 8

sabato 15 giugno 2013

ERRORE E-MAIL

Ragazzi/e, ci tengo a precisare che la mia e-mail non è quella che vedete sul sito, ma la seguente 
:antony3011@hotmail.it.
Ci tenevo a precisare questa cosa.
Grazie della vostra attenzione e per leggere le mie recensioni!!

Recensione: Asylum Cave - Benighted

Sono un grandissimo acquirente di Metal Hammer, versione italiana del noto magazine sull' heavy metal. Quando ancora facevano dei bei numeri, usavano lasciare le ultime 2 pagine della rivista alla rubrica denominata "Hammer Smashed Face", (come la famosissima canzone dei truculenti Cannibal Corpse); in questa rubrica venivano recensiti 5 album brutali, dal brutal death al black, dal grindcore al death puro, in ordine di bellezza. In un numero, al primo posto con un bel 9, c'erano questi Benighted. La recensione mi fece venire una grandissima voglia di ascoltare l'album: finalmente lo trovo su ebay, e appena consegnato lo ascolto.

L'inizio è affidato a una sveglia, seguita da una radio che trasmette musica hawaiiana, ma alla frase "wake up john!" inizia la brutalità pura, sembra quasi schizofrenia (e posso dirlo, visto che il cantante lavora in una clinica psichiatrica). L'album continua così: strumenti letteralmente violentati, ma attenzione: la loro è una brutalità ragionata, non sono note veloci suonate da incompetenti: ogni singola nota riesce a dare un'atmosfera all'album, E poi c'è "A Quiet Day!; forse la migliore dell'intero album, con uno dei growl più profondi e lunghi che abbia mai sentito.

Un disco che mi ha letteralmente sorpreso (e che poi mi ha portato al death), che riesce a unire grindcore-brutal death-death-black con una naturalezza spiazzante. E' la prima volta che lo dico: vive la france!

Line-up: Truch - voce
              Litchy - chitarra
              Gab - chitarra
              Candy - basso, chitarra
              Kikou - batteria

VOTO: 9

Recensione: Annihilator - Annihilator

La copertina dell'album rappresenta un sogno di Jeff, il quale
ha sognato questo spettro. Questa copertina è la bozza originale,
con il loro nome sulla fronte dello spettro.
Tecnica. Tecnica tecnica tecnica. E' l'unica parola che mi viene in mente per descrivere l'ultima fatica di Jeff Waters, chitarrista senza ossa nelle sue mani, nonchè fondatore del gruppo, Annihilator, nati nel lontano 1984, fatto che li mette subito tra i grandi del genere (Metallica, Slayer, Exodus, ecc..) ma distinguendoli dalla massa; infatti il loro Thrash è ultra-tecnico, con una produzione quasi sempre limpida (nella loro discografia troviamo dei dischi poco ben prodotti) che mette in risalto la bravura tecnica di ogni membro della band. Questo Annihilator non è altro che una conferma di quanto appena detto; troviamo un gruppo molto più incavolato, c'è più thrash che negli altri dischi, suonato da un gruppo compatto e potentissimo (la band è famosa per i continui cambi di line-up quasi a ogni disco. Infatti del gruppo originale è rimasto solo Jeff). L'album comincia con "The Trend" e già ci fa capire le sue intenzioni; tecnica pura, strumenti suonati in modo impeccabile e un Dave Padden in forma e ben integrato nel gruppo. L'album è solo questo, il che non lo rende molto completo. Fantastico il mini solo iniziale di "Death in your Eyes", e ottima la cover di "Romeo Delight" dei grandissimi Van Halen. Insomma, un disco per chi ama la chitarra elettrica e ogni suo suono, e per chi vuole rompersi le dita nel fare le cover. Astenersi cercatori di emozioni.

P.S. Nel disco sono presenti precisamente 66 soli di chitarra, come riportato sul bollino del disco.

Line-up: Dave Padden - voce
                      Jeff Waters - chitarra, basso, voce
                      Ryan Ahoff - batteria

VOTO: 7.5

giovedì 13 giugno 2013

Recensione: Master of Puppets - Metallica

Perfezione. Potrei finire qui, ma devo scrivere delle righe su quest'opera d'arte in musica. Perchè altro non è, che un disco perfetto, senza errori, senza cali o canzoni unitili, i classici "filler". No, qui troviamo 8 canzoni perfette, dalla prima all'ultima, e ogni canzone è perfetta dalla prima all'ultima nota. Dovete concedermi un track by track, non potrei fare a meno.

1. Battery
Inizio con chitarra acustica, riff estremamente difficile, (credetemi, ci ho provato tante volte, ma nada), e un James Hetfield che comincia a essere incazzato.

2. Master of Puppets.
Direi che posso anche saltarla, ormai tutti conosco la miglior canzone heavy in circolazione, e direi che posso chiudere qui.

3. The Thing That Should Not Be
la canzone più cupa dell'album, un riff facilissimo, ma utile per rendere la canzone così pesante (nel senso buono). Per chi non lo sapesse, è ispirata da una storia del famoso H.P. Lovecraft.

4. Welcome Home (Sanitarium)
La pazzia. Una semi-ballata (e unica dell'album) in cui si esprime la voglia di uscire allo scoperto, attraverso la storia di un pazzo.

5. Disposable Heroes
Un tributo ai caduti. Una delle canzoni più Thrash del disco, in cui si parla in modo della guerra e della violenza fisica e psicologica che essa comporta.

6. Leper Messiah
Una fantastica offesa alla chiesa suonata con un thrash stupendo. Una delle migliori.

7. Orion
L'eredità che Cliff Lee Burton ci ha lasciato prima di andare via (morto in un incidente d'autobus accaduto durante il tour dell'album). La canzone più poetica dell'album, e pensateci: non ha testo. A mio parere, la migliore che i 'tallica possano scrivere.

8. Damage Inc.
La più thrash e la più violenta dell'album, ottima come chiusura.

Insomma, il disco heavy metal perfetto, impossibile da copiare o superare, in cui ogni singola nota riesce a creare l'atmosfera generale. Perchè ricordiamoci: la vera musica è quella che riesce a creare l'atmosfera, e quella che c'è in questo disco è cupissima, molto pesante. Si può quasi toccare. Dovrebbe essere così l'heavy, almeno a mio parere.

Line-up: James Hetfield - voce e chitarra ritmica
             Kirk Hammett - chitarra solista
             Cliff Burton - basso
             Lars Ulrich - batteria

VOTO: 10+

Recensione: The Strange Case Of... - Halestorm


E andiamo con un'altra recensione. Usciamo leggermente dal metal, e andiamo su un gruppo hard rock-pop-heavy metal che ho scoperto da poco, gli Halestorm. Fondati dai fratelli Hale, (Lzzy,voce e chitarra, e Arejay, batteria) nel lontano 1998, rilasciano soltanto nel 2009 il loro disco d'esordio, Halestorm", che riceve tantissimi consensi, e permette loro di spiccare il volo. 2012; release del 2° disco, "The strange case of...", l'album con cui li ho scoperti.


Comincia con "Love bites (so do I)", un riff Thrash adrenalinico, come tutta la canzone, con una Lzzy che urla come un venditore di pesce di Pescariello; "Mzs. Hyde", la versione femminile della leggenda del Dottor Jekkyll. Le successive, "I miss the misery" (estremamente radiofonica, per questo bellissima), "Freak like me", dedicata ai "freak" che vivono on the road; 3 ballate commoventi con testi di conforto a ragazzi che vivono, come dire, incompresi dai genitori. Poi "Rock show", "American Boys", e la conclusiva "here's to us", la mia preferita, un inno alla band, da brividi.

Alla fine dei conti, è un album per tutti, molto scorrevole e orecchiabile, che riesce a unire i 3 generi sopra citati in maniera naturale; insomma, un disco non forzato, fatto per divertirsi e far divertire.

P.S. Vorrei ringraziare mio fratello per Pescariello.

Line-up: Lzzy Hale - voce e chitarra
             Joe Hottinger - chitarra
             Josh Smith - basso
             Arejay Hale - batteria

VOTO: 7.5

Recensione - Fast 6

Locandina del film. 
I film inaspettati sono i migliori. Ovvero, credere di andare a vedere Epic, ma ritrovarsi nella sala in cui proiettavano Fast and Furious 6. Grazie sorella! Comunque, vorrei parlarvi della trama, ma dovrei partire dal quinto capitolo. e la recensione non finirebbe mai. Tutto quello che posso dire è che è un film spettacolare, non emozionante (come la maggior parte dei nuovi film d'azione) ma divertente. Il marchio F&F c'è, ed è quasi palpabile; il ritorno delle gare clandestine (base dei precedenti 3 film, ridotte nel 4 e letteralmente accantonate nel 5), colpi di scena (ne troviamo uno ogni 20 minuti di film), azione a gogò, incidenti spettacolari, peccato per una scena completamente assurda, che fa letteralmente crollare l'intero film. Un finale assurdo (un aereo fatto crollare con delle auto), ma che ritrova dei riscontri "scientifici", e una cosa che ho adorato particolarmente; Justin Lin (regista) è riuscito a collegare tutti, e ripeto tutti, i film della serie con questo 6° capitolo. Insomma, un film ben riuscito, con incidenti spettacolari, effetti speciali davvero ben realizzati, e un The Rock sempre più "roccia" Peccato per la recitazione di Brian (Paul Walker), sembra davvero un "brocco", ha sempre la stessa espressione. Ricorda una certa attrice... Per i fan che seguono la serie dall'inizio (come il sottoscritto) e per chi ama l'azione. Astenersi "intelligentoni"
Tranquilli, non è questa la scena stupida!


PRO: ritorno delle corse clandestine, numerosi colpi di scena, collegamento con trame dei precedenti film.

CONTRO: scena "impossibile" dell'autostrada (Dom che vola da un'auto...), recitazione di Paul Walker.

VOTO: 8

Recensione: Worship Music - Anthrax


Feltrinelli. Tra i dischi hard n heavy, trovo "Worship Music" degli Anthrax. Lo compro, vado a casa, lo inserisco nel lettore.

Parte l'intro. "Figo", penso. Parte "Earth on Hell". Penso subito: "cavolo, la nuclear blast ha sbagliato e hanno masterizzato il disco dei Dimmu Borgir al posto degli Anthrax". Ma mi sbagliavo; Thrash come dovrebbe essere, metal e punk insieme. Energia pura, purissima."Fight em till you can't" che a quanto ho capito parla di zombie; una bella idea, la musica va bene con il testo, gli Anthrax non hanno bisogno di testi profondi, almeno a mio parere. "I'm alive", una bella carica melodica, anche se troppo lenta in confronto alle 2 canzoni appena ascoltate. Un bel intermezzo fatto con violoncelli, a quanto pare, davvero originale per un disco Thrash. "In the End" mi ha dato la prova che gli Anthrax ormai non sono più un gruppetto di ragazzini, ma degli adulti con famiglie sulle spalle. Molto matura, molto emozionale. La successiva "The Giant" è fantastica, spensierata, con il riff centrale divertentissimo! Ok. un'altro inno. Speriamo sia l'ultimo! è carina l'idea ma va bene una volta soltanto. Va bene, 2. "Judas Priest"? Un'ottimo tributo alle leggende dell'heavy suonato alla Anthrax. Solo che il ritornello mi è sembrato un copia e incolla del chorus di "Fight em till you can't"... sarà. L'album scorre "inosservato" per il resto, fino al silenzio, e una piccola canzone col rap, ormai di casa negli Anthrax (personalmente, rispetto questa scelta, hanno un coraggio che pochi hanno). Un album che ci mostra che gli Anthrax sanno ancora come fare musica, anche se personalmente potevano fermarsi a "Judas Priest" e magari inserire questa traccia nascosta come finale dell'album. Grande prova canora di Belladonna, Scott Ian sa ancora suonare la sua chitarra, (idem per Caggiano). Un bel album, orecchiabile, prova che il Thrash non è morto. Per niente.

Line-up: Joey Belladonna - Voce
             Scott Ian - chitarre - voce secondaria
             Rob Caggiano - Chitarre
             Frank Bello - Basso - voce secondaria
             Charlie Benante - Batteria

 VOTO: 7 

mercoledì 12 giugno 2013

Recensione: Symbolic - Death

Cover dell'album... Non è stupenda?!?!
Scenario: a casa, solo, senza nessuna idea su cosa ascoltare. Arriva un mio amico, "bello, ho portato un po di cd e qualche birra, ci stai?". Ovviamente dissi di sì. Fra i tanti album (credetemi, tantissimi) c'era uno che mi colpì particolarmente. Sarà l'artwork, o il nome, "Death", decidemmo di sentire prima quello. Non me ne pentì per niente.

Appena inserito il disco (e aver stappato una Corona) ci sediamo e cominciamo ad ascoltare. All'epoca i death erano sconosciuti per il sottoscritto, quindi era tutto nuovo per me. Appena partì la titletrack, la mia prima parola fu "wow!" un riff geniale, come tutti quelli nel resto dell'album. "Zero Tolerance", "Sacred Serenity", "Without Judgement", tutte canzoni favolose, estremamente tecniche e progressive; insomma, un genere nuovo per me e per l'epoca della release del disco. Ma appena arrivò "Crystal Mountain", lì scoppiò l'amore per il gruppo. Un riff iniziale estremamente difficile, qualcosa di arabeggiante, un solo in tapping favoloso, e un grandissimo Gene Hoglan alle pelli. Insomma, il miglior disco progressive death che la storia abbia mai auto e che credo sarà ineguagliabile. La perfezione tecnica e emozionale, perchè e quello lo scopo della musica, qualsiasi genere essa sia: emozionare.

R.I.P. Chuck Schuldiner

Line-up: Chuck Schuldiner; voce e chitarra
              Bobby Koelbe; chitarra
              Kelly Conlon; basso
              Gene Hoglan; batteria

VOTO: 9.5